martedì 14 novembre 2017

Dylan Dog e la corsa delle mucche macellate




Dylan entra nel vecchio mattatoio abbandonato, e...




Dylan Dog in 30 anni di vita editoriale, ne ha passate tante. Anche le sue storie sono cambiate - il modo in cui vengono raccontate.  Alcune caratteristiche sue sono rimaste costanti, specie di piccole bussole per i comportamenti. Dylan, per esempio, ha sempre avuto una speciale attenzione per gli animali - ne scrivevi qui. E questa attenzione può apparire sia in una storia ben focalizzata, che in una storia fuori fuoco - come questa, intitolata "I segni della fine".
Visto che è una storia che, dal punto di vista della questione animale nel fumetto, può considerarsi secondaria, fai punto e a capo, per raccontare in breve come e quando hai scoperto questa e altre storie - dopo che avevi smesso di comprare e leggere Dylan Dog da molti anni.

 

Da molti anni, cioè dal suo numero uno, sei abbonato alla rivista Liberazioni - che si presenta come 'rivista di critica antispecista' - e ogni volta che ti arriva a casa, non vedi l'ora di iniziare la lettura dei suoi articoli, che molto spesso sono stati occasioni per allargare o approfondire sfaccettature di riflessioni e orizzonti antispecisti 
Per te, Liberazioni, equivale a una sorsata d'acqua assaporata in un'oasi, dopo aver attraversato il consueto, quotidiano deserto dell'umano egoismo indifferente. Non è l'unica rivista  cui ti disseti, per fortuna ci sono anche altre pubblicazioni o libri, così come ci sono occasioni di eventi, incontri, stage, appuntamenti. Ma, insomma, Liberazioni ha un ruolo cospicuo per la tua personale esperienza. 

Orbene, sul numero 13 / estate 2013, ti capita di leggere l'articolo di Marco Reggio "Empatia a fumetti - Dylan Dog e lo sfruttamento animale" (da pagina 90 a pagina 94). Un inciso: ti piace l'approccio di critica pop che è ricorrente nella rivista. In fondo, il nobel J.M.Coetzee ha scritto un saggio su Superman; tutto ciò per dire che ti infastidisce la divisione tra cultura alta e cultura bassa e che ti intriga e diverte molto questo approccio nella rivista.



Nell'articolo, Marco Reggio parte dalla constatazione della condizione di 'mondo a parte' che caratterizza l'universo dei baloon, per fare una minirassegna di albi di Dylan Dog caratterizzati dalla problematizzazione e messa in scena di messaggi etici e sociali legati agli animali e al loro rapporto con l'umano.

Tu ti sei appuntato tutti i titoli, sei corso in fumetteria e ti sei acquistato tutti gli albi raccontati da Reggio. Verosimilmente, ce ne sono altre, nella lunga collezione dylandoghiana, di storie dove appaioni animali (hai scoperto, per esempio, la prima storia dove appare Botolo: "Dopo Mezzanotte", scritta da Tiziano Sclavi - a riprova che l'attenzione verso gli animali fa parte dei tratti caratteristici e identificativi di Dylan).

Da questi albi, si può già fare un bel discorso sui fumetti - come ha di suo fatto Marco Reggio.
Tu hai letto tutti gli albi, per toccare con mano le caratteristiche di queste storie e averne esperienza diretta. Perciò, un po' alla volta, pensi che ne scriverai anche tu, con un pensiero e un grazie a Marco Reggio. Un discorso che avevi già iniziato, per l'appunto, con la storia del Goblin, allora motivato dal fastidio che ti aveva procurato la sbrigativa dichiarazione di Roberto Recchioni, a proposito dell'animalismo di Dylan Dog, che lui giudica negativamente.



E torniamo ai nostri 'segni della fine'. Vero: la storia, di per sé, vede un Dylan Dog abbastanza annacquato, molto 'telefonato' in tutte le sue frasi, decisioni, azioni. Si sente la stanchezza del logorio pluriennale di una storia al mese, per la quale spesso si innesta il pilota automatico e si provvede a sostenere la trama con abbondanza di fan service e /o di spiegoni e/o di pensieri nel baloon, che illustrano quel che già si vede nel disegno, come neanche più capita in Tex.
La storia è un thriller senza infamia e senza lode, un poliziesco più che altro, con una tinta di sovrannaturale e - va detto - molte situazioni ironiche comunque gradevoli. Ma rimane una storia che si dimentica presto. 



Se non fosse per quelle poche pagine in cui Dylan, nel corso della sua indagine, entra in un edificio abbandonato, solo per scoprire con grande malessere, che si tratta di un mattatoio dismesso, in disuso, pressoché fatiscente - ma ganci e ferraglia da macelleria sono comunque visibili al di sotto di sporcizia e ruggine (Reggio nota anche il 'sangue rappreso che ne tinge pavimento e pareti').
Detto che ti dispiace un po' che una simile sequenza finisca confusa nel mezzo di tavole di una storia non memorable - e quindi, un po' sprecata - pensi che non poteva non prendere il sopravvento sulla indagine condotta da Dylan - e concordi con Reggio. La violenza, la disperazione, l'orrore avvolgono e travolgono Dylan, che ha i brividi, se pensa agli orrori lì avvenuti - e che però continuano di sicuro in altri mattatoi, più grandi, più moderni, di quello abbandonato. 
Dylan, che sta indagando proprio nell'ambiente dei writers, scopre un murale che sembra una Guernica animalista (lo dicono sia Dylan D. che Marco R.). Si sottintende una sensibilità giovanile-anarchica presente nei writers, che coi loro dipinti spray vogliono criticare e attaccare le usanze della società massificata. 



Dai corridoi, per via di un sortilegio, si materializzano mucche-fantasma, i corpi segnati dalle ferite: muggiscono denunciando quasi l'oltraggio subito e pretendendo vendetta; galoppano , travolgono Dylan e spariscono. Senonché, Dylan viene risparmiato ("forse hanno capito che sono vegetariano...").
La sequenza, presa di per sé e ragionata, è assai drammatica, ha un certo suo pathos. 
Quasi, alla fine, una sequenza subliminale, ma notevole per gli elementi che rappresenta: dalle ferite, al senso di orrore, dai muggiti alla corsa sfrenata, dal vegetarismo come reazione di rifiuto alla violenza contro gli animali 'da carne', alla 'guerra contro gli animali' unilateralmente dichiarata, e con una sproporzione delle forze in campo che lascia increduli e indignati sempre.



La fuggevolezza è la cifra del fumetto: si legge, e poi lo si mette via. In questo caso, con questo albo, tanto più del solito. Tuttavia, la sequenza è abbastanza forte, e allo stesso tempo abbastanza breve da potersi imprimere nella mente del lettore. O almeno, questa è una grande speranza.






Post Scriptum:
mentre scrivevi il post, hai curiosato sulla rete, cercando approfondimenti sulla vicenda editoriale di Dylan Dog. Ti sembra una risorsa interessante, così riproponi qui sotto i link che hai aperto e letto. Basta che li selezioniate e li apriate, per scoprire anche voi alcuni aspetti del mondo dei fumetti -  e delle persone che ci vivono.



http://barberist.blogspot.it/2014/12/il-dylan-di-gualdoni.html


https://www.facebook.com/Cravenroad7/posts/543422372391898


http://www.postcardcult.com/articolo.asp?id=5916&sezione=11


https://www.facebook.com/dylandogdiary.it/posts/479845478764866


http://www.cravenroad7.it/news/tag/giovanni-gualdoni/


http://comixarchive.blogspot.it/2016/03/gualdoni-quali-furono-i-motivi-dietro.html


 http://www.fumettodautore.com/magazine/off-topic/4566-a-lucca-2013-recchioni-ci-insulta-e-cerca-la-rissa-ma-finisce-solo-per-uccidere-lo-stile-bonelli


 http://comixarchive.blogspot.it/2017/02/roberto-recchioni-critiche-alla-bonelli.html


 http://www.giornalettismo.com/archives/1619591/dylan-dog-rivoluzione-roberto-recchioni


 http://www.comicsblog.it/post/297200/roberto-recchioni-vs-shockdom-lautore-romano-critica-noumeno-di-lucio-staiano





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