sabato 21 ottobre 2017

NOmattatoio torinese, due cani al presidio numero 10



NOmattatoio è ritornato a Torino.  Questa volta, al mattino presto, si parte col buio. Siamo in autunno avanzato. Ed è ancora quasi buio, davanti al macello, quando arrivano i primi due camion, in un furore produttivo da entrata in fabbrica; dopo di che, una lunga, squallida pausa fino a metà mattina, quando arriva un camion, strapieno di vitelli, ammassati uno addosso all'altro, e coperti dalla loro merda, sopra e sotto.



Provate a immaginare di venire svegliati nel cuore della notte, di essere spinti all'aperto, bastonati e pungolati: vi fanno salire su una pedana scivolosa e rumorosa, dentro uno spazio piccolissimo, chiuso, soffocante solo a vederlo. Se resistete, vi danno altre botte, bastonate, pungoli, strattoni. Salgono molti altri, oltre a voi. Poi, venite chiusi dentro e comincia a mancare l'aria, vi vengono i crampi alle zampe e ai piedi, avete male allo stomaco, avete fame, avete ancora più sete. Ma non finisce qui: sentite un gran fracasso: altri vostri compagni vengono spinti lungo una pedana ancor più ripida e alta della vostra, vi camminano, pesanti, sulla testa, al piano di sopra. Sono tantissimi anche loro.



Dopo un tempo infinito - e voi avete già dovuto per forza liberare l'intestino, la merda vostra e degli altri vi è finita sui piedi, sul corpo, fra poco vi finirà in testa quella dei vostri compagni al piano di sopra - tutto inizia a vibrare, c'è un nuovo rumore, un rombo, c'è puzza nuova di qualcosa che brucia. Poi, tutto si muove. Sarà un viaggio pieno di brividi, di scossoni, di perdite di equilibrio, vi farete male, scivolerete e vi ferirete. Alla fine, la vostra destinazione: il macello. State per scoprire che cosa vi aspetta, che cosa gli umani hanno progettato di farvi.



Ecco noi, pochi, pochissimi attivisti, li abbiamo colti nella parentesi unica di sosta, all'ingresso del camion dai cancelli del mattatoio, quando deve almeno un po' rallentare. L'unica volta in cui uno sguardo umano si posa su di loro con sollecitudine e li guarda negli occhi, per cogliere la loro spasmodica ansia di vivere, un desiderio, una voglia che non potranno mai avere esaudimento, né accoglienza.
Siete convinti che il camion acceleri, nello spiazzo davanti ai cancelli, infliggendo nuovi scossoni ai corpi stremati - che acceleri perché l'autista vi vede e non vi vuole, vorrebbe farvi sparire, vorrebbe investirvi, di sicuro vuole spaventarvi,  minacciarvi, di sicuro vi insulta e vi minaccia con le parole. Sono le parole intrise di violenza di chi percepisce di essere stato scoperto mentre compie un crimine, una ingiustizia, mentre agisce qualcosa di aberrante, mascherato da gesto normale, insignificante (guidare un veicolo, non guidiamo tutti, almeno una automobile?).



Pensi: se in due, in tre, (non numeri ipotetici, ma reali: ci siamo contati, quel mattino), provochiamo rabbia, diamo fastidio, suscitiamo apprensione, facciamo perdere la pazienza e portiamo a galla tutta la violenza che appesta i cervelli degli umani che agiscono dentro al mattatoio; se così pochi già siamo sufficienti a scatenare queste reazioni, se fossimo di più, se tutti quelli che dicono che sarebbero venuti, fossero venuti davvero; se quindi, fossimo stati in cinque, dieci, venti: quale scompiglio avremmo potuto causare? 

Torino, lo hai già scritto, è una piazza difficile: uno dei motivi è che il mattatoio dà su un viale periferico a scorrimento veloce, dove non ci sono semafori, né strisce pedonali. Un luogo di morte (il mattatoio), perfettamente inserito in un contesto di non vita, di inospitalità fatta di cemento, asfalto, rifiuti. Hai visto topi, tra le erbe incolte e dure; hai visto corvi e cornacchie. Sono animali che vivono di corsa, scansando finché riescono gli umani, che a loro hanno lasciato solo rifiuti, scarti, immondizia. Che sono pronti a infliggere la morte anche a loro; che mettono trappole, veleno.

grazie a loro, hai scoperto cose mai viste del mattatoio (che non si dica che non c'era nemmeno un cane!)


Torino, quindi, sembrerebbe necessitare di coraggio e partecipazione in misura maggiore - se non altro, maggiore di quella che si sta verificando. NOmattatoio è una campagna strutturata con criteri fatti per darle longevità e resilienza, per renderla di impatto: le uniche risorse per sopravvivere, nell'ambiente ostile del macello e delle aree che lo attorniano.

Davanti al macello, per dire "NOmattatoio" - anche in silenzio-  si va solo col proprio corpo, così come ci vanno - non per scelta, ma per obbligo di deportati - le vittime altranimali. Si va nudi e crudi - per così dire - a resistere - come provano a fare gli animali morituri, pur schiacciati dalla inimmaginabilmente enorme macchina zootecnica tuttatriturante. A resistere: a mostrare e mostrarsi mentre allo stesso tempo ci si sparisce, ci si trasforma in metafora e messaggero di chi ha un altro corpo ed è già morto mentre aggiungiamo la nostra voce, la nostra protesta, alla sua. 
Questa convinzione - di essere animali che mostrano solidarietà con altre vittime animali, che aggiungono il proprio 'non voglio morire!' al loro, che per ora è senza speranza - deve spingere chi partecipa a NOmattatoio. Non c'è spazio per le idiosincrasie. Non può esserci spazio: questa emergenza di morte, occupa già tutto lo spazio possibile. Ed è giusto che sia così, perché di altri spazi, nella società così come è strutturata, non ne ha. Al contrario: viene negata, distorta, caricaturizzata, deformata, derisa, nascosta, vituperata, strumentalizzata.



Ti ricordi che ne avevi parlato, all'inizio, con Rita Ciatti e Eloise Cotronei: 

"La campagna consiste in presidi mensili nei pressi o di fronte i mattatoi, da cui prende, per negazione, il nome.
Sin dall’inizio abbiamo stabilito modalità e regole di partecipazione ben precise al fine di rendere chiaro il contenuto e messaggio di queste iniziative; poiché Ognuno di noi sarà lì per dare un volto agli animali dimenticati e uccisi nell'invisibilità totale – saremo, in altre parole, corpi animali che lottano per difendere il diritto alla vita di altri animali - preferiamo che a testimoniare ci siano persone non sostenute da sigle di associazioni varie. Questo non vuol dire che non possano venire persone iscritte ad associazioni, ma semplicemente che non portino materiale (striscioni, cartelli, volantini, depliant informativi o altro) che possa far riferimento ad esse e che quindi per quel giorno si presentino come semplici attivisti e persone comuni.
Il messaggio che vorremmo mandare è che la questione animale non riguarda solo le associazioni cosiddette animaliste, ma la collettività tutta.
Allo stesso modo non vogliamo bandiere di partiti politici perché siamo contrari al sistema istituzionale che si tramanda il potere e siamo contro ogni genere di gerarchia, sfruttamento e discriminazione di individui senzienti."


2 commenti:

  1. E immagina se fossimo 100 o 200, che scompiglio potremmo portare! Comunque grazie... grazie per quell'unico sguardo umano su creature terrorizzate che non esistono più.

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  2. cara Stefania, sarebbe quasi un terremoto. Ma perché non sognarlo? NOmattatoio è così vario, nei vari luoghi d'Italia, che i numeri possono pesare in maniera differente. Il prio evento pugliese, imminente, sarà deflagrante anche se ci saranno poche persone. Gli animali terrorizzati, meriterebbero ben di pi+di uno sguardo, ma intanto non sim molla

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