mercoledì 14 giugno 2017

Angelo e i suoi assassini - parte seconda

Angelo
... e ritorni un attimo su Angelo e sulla sentenza emessa contro i quattro torturatori: sentenza che ha suscitato molti commenti e molta agitazione. Tra l'altro, ci ritorni in questi giorni, dominati dallo scalpore per un'altra sentenza, quella che riguarda Totò Riina - e hai la sensazione che ci sia un che di sotterraneo che in qualche modo collega le due notizie; le due sentenze; i cinque colpevoli; le molte vittime;  l'idea che una società, che una civiltà ha o può avere a proposito del concetto di giustizia. 
E ci ritorni, quindi, forse proprio perché senti - a livello subliminale che proverai a spiegare - che esiste un collegamento tra i due eventi - entrambi incorniciati in contesti giuridici-penali-legali. Materia incandescente, agitatatrice di pensieri: che vengono da lontano, da riflessioni, studi, letture di quando eri universitario. Qualcosa da manovrare con guanti e pinze. Forse, ma non oggi. 
Oggi, ti concentri, per la seconda volta, su Angelo
Come già scritto, avevi chiesto a persone che hai la fortuna di conoscere, un loro parere sulla sentenza verso i quattro aguzzini sanginetesi. Non persone a caso: persone che vivono ogni giorno, tutti i giorni, da anni, la realtà dei cani in canile - e che sono impegnati a pensare e ri-pensare, per trasformarla. 
Sì: perché il canile ha bisogno di venire trasformato, fino al punto di sparire, almeno come concetto concentrazionario di reclusione. Ne hanno bisogno i suoi prigionieri. E - sorpresa! - ne ha bisogno la stessa società dove viviamo - anche se questa società non se ne rende conto; anche se noi non ce ne rendiamo conto. Qui sì: cani, innocenti individui incarcerati per colpe mai commesse o inventate dai dittatori totalitari umani - quì sì che si può parlare di sproporzione della pena. Cesare Beccaria in molti canili - troppi canili lager, luoghi di speculazione - non s'è mai visto neppure in fotografia.

Torniamo a loro - alle persone amiche che hai interpellato. Dicevi: persone che conoscono, con esperienza e cognizione di causa e riflessione, i cani e i pensieri canini e il loro mondo.
Quasi tutti hanno speso qualche parola di riflessione - e di questo parlerai in questo post. Altri di loro ancora non hanno risposto - ma, alcuni di loro è probabile che lo faranno e sarà argomento di futuri post; ché questo argomento non esaurisce mai le sue implicazioni, volendo. Devi dire ancora una cosa: i commenti hanno ciascuno un nome e cognome; dopo varie riflessioni, hai deciso di trascriverli qui, tutti o in parte, sotto forma anonima (anche se chiaramente distinguibili), sia per venire incontro a chi ti ha chiesto espressamente di rimanere anonimo, sia perché ti è sembrato più giusto anche verso quelli che non avrebbero pudore o problema a comparire 'in chiaro': nel senso che ti piace pensare che ci si possa concentrare sui loro pensieri, tessuti insieme con lo scopo di impreziosire le differenze di sfumature dovute ai diversi punti di vista, oltre che di evidenziare i molti spunti unici, personali. Ti piacerebbe che tutti quelli contattati, si sentano liberi di commentare, a lettura terminata, mettendosi con nome e cognome, se lo vorranno, rivendicando la maternità o la paternità dei loro pensieri.

Che - di primo acchito - sono pensieri di rifiuto. Non ha voglia di parlare di questa storia, chi gestisce un giardino per cani anziani: "mi procura troppo dolore. Non vorrei mai vedere quei mostri vicino a un qualsiasi animale". Il discorso riabilitazione può e deve passare in secondo piano, è ancora una volta specista. Ancora non si ha la sentenza, quindi, come scrivevi, le modalità sono sconociute e quindi suscettibili di grandi speculazioni. Di sicuro, è molto facile rendere questa parte di sentenza un nuovo inferno per i cani, senza riabilitare nessuno - "Angelo e tutte le altre vittime come lui non torneranno mai indietro".
Condividi la rabbia, specialmente dopo aver rivisto il filmato, che è sempre troppo doloroso: c'è solo sadismo, prolungato, perpetrato per interi minuti, con metodo e senza che appaiano mai segnali di disagio - anzi!

E quindi? Quindi, se può essere sensato, giusto, smettere di applicare la legge del taglione, è lecito dubitare che riabilitare sia sempre possibile: che, cioè, l'aver subìto una pena, renda il proprio pensiero finalmente permeabile al rifiuto della crudeltà. I quattro aguzzini, infatti, c'è il rischio che vivano la pena come una fastidiosa pratica di cui liberarsi quanto prima. Magari, accumulando rabbia. Che scaricheranno sul prossimo indifeso che gli capiterà a tiro. 

Ne parli con questa donna, che è attiva con grande attenzione e molti dubbi - per così dire, filosofici - in un rifugio dove c'è molta attiva attenzione alle pratiche da svolgere insieme e per i cani:
"Chi è arrivato ad un punto così terribile non imparerà l'empatia in sei mesi di canile nemmeno nel miglior canile con i migliori educatori". Si pensa insieme che questi assassini dovrebbero prima potersi guardare dentro. E allora, il cerchio si allarga: dici che ci vorrebbero percorsi permanenti di supporto, con obiettivo magari preventivo piuttosto che rieducativo. E se alzi un attimo ancora la quota dello sguardo, ecco che trovi la necessità di creare le occasioni e le possibilità per un mutamento più generale delle nostre società, per quel che riguarda il rapporto con gli altri animali. Eccola lì, immobile e totemica: la educazione alla empatia - uno snodo enorme da cui secondo te si dipartono mille sentieri, nella pedagogia, nella filosofia, nella cultura, nella percezione sociale.
Perciò, sempre secondo questa attentissima volontaria: "il punto di svolta è nel fatto che il processo ci sia stato". Un vero precedente, che non potrà essere ignorato: "A un po' di persone, che gli animali li maltrattano, potrebbero fischiare le orecchie".

"Visto il reato, la pena resta decisamente lieve": così pensa un'altra cinofilosofa, che vive con una affiatata società di cani, li conosce, conosce le loro individualità, li rispetta e li ama.
"Bisognerebbe poter applicare pene molto più severe:  ma sono contenta che quanto meno ci sia stata una sentenza in tempi non eterni, e molto chiara dal punto di vista del significato sociale e politico della cosa: è un buon precedente che spero possa mettere delle basi per il futuro".

Ci concentriamo sulle modalità dello svolgimento del lavoro socialmente utile in canile. La cinofilosofa - e tu con lei - si augura che sia un canile dove i volontari possono sempre entrare, per proteggere il benessere dei cani. Poi, che i quattro condannati vengano seguiti all'interno del canile e che ci sia un supporto psicologico che li aiuti a valutare. "Voglio poi sperare che le mansioni che avranno all'interno del canile, non rischieranno di traumatizzare i cani ospiti". Alla fine, siete d'accordo entrambi che ci vorrebbe pure un supporto psicologico anche per i cani, svolto da un valido educatore...

Supporto psicologico fondamentale anche secondo la educatrice che ha costruito anni di metodo di relazione e osservazione verso i cani: "esistono studi sullo sviluppo dell'empatia e sul recupero di chi ha commesso crimini associati a disturbi della personalità che hanno tra i sintomi la mancanza di empatia per la vittima".
L'esistenza di un programma volto a far aumentare l'empatia nei soggetti che hanno commesso questo tipo di crimini violenti, sarebbe secondo te doverosa, un'àncora fondamentale, nell'intero processo di recupero.  
Tu sei convinto che queste misure di supporto verrebbero davvero svolte solo se il canile verrà percepito come risorsa e non come una specie di scadente e meccanico contrappasso: altrimenti, il prossimo pedofilo potrebbe vedersi assegnati lavori socialmente utili in un asilo! Ti spieghi meglio: solo se il canile è percepito come una risorsa di valore etico e pedagogico, prima di tutto dalla società e quindi da quanti hanno il compito di amministrare la legge, allora avverrà spontaneamente e doverosamente la creazione di un cuscinetto di supporto all'intera situazione - nel suo prima, nel suo durante, nel dentro e nel fuori, per i rei e per i cani, e nel suo dopo.
Altrimenti, il canile subirà l'ennesimo sfregio: quello di essere visto come atto punitivo per criminali, uno strumento più economico del carcere, per applicare la legge del taglione: "una follia".

Una scelta folle, una sconfitta per tutti, dove peggiora la situazione di tutti: di Angelo e della sua memoria; dei cani liberi e non tutelati; dei cani nei rifugi, a rischio; delle situazioni di miseria sociale e culturale, come quella dove sono nati e cresciuti i quattro aguzzini, che, secondo questa ragazza che si occupa di accasare cani anziani, "vivono in uno sperduto paesino di montagna, in mezzo al nulla": una mentalità chiusa (anche l'orizzonte sembra chiuso, dall'elevarsi delle montagne) può portare a questo tipo di cose, come i fatti di Sangineto. "Quindi il fatto che loro arrivino a conoscere i cani e abbiano una pena del genere da scontare, è utile a farli rendere conto di ciò che li circonda e di chi sono realmente i cani".

Ipotizziamo che scontino la pena nel suo rifugio: "proverei a fargli  comprendere  realmente il significato grave del loro gesto verso un essere vivente".
Tutto dipende da che visione hai della giustizia: occasione di recupero o condanna sempre punitiva? Attraverso la rieducazione, potrebbero rendersi conto di quel che hanno fatto: forse questo potrebbe per loro diventare condanna? Grande fiducia verso gli esseri umani - altrimenti questa ragazza non farebbe quello che fa - ma anche dispiacere: perché il lavoro potrebbe essere da loro visto solo come punizione "in un canile sovraffollato e dove la cultura cinofila rasenta quasi sicuramente lo zero". Perché non diventi un perverso e dannoso "per sei mesi spalo cacca e poi tutto torna come prima", ecco che si riconferma basilare la cultura - cinofila, ma anche quella generale, anche quella civica e civile.

A quanto pare, insomma, questa è una sentenza esemplare, storica, per l'Italia (non allarghiamoci a presumerla storica anche in un contesto più internazionale). Storicità ed esemplarietà che - già lo sono state - corrono il rischio di venire annacquate e vanificate dal fatto che è stato applicato il rito abbreviato e che la legge comunque non prevede carcere per pene inferiori ai tre anni; e che, infine - purtroppo - le pene previste per chi maltratta gli animali, sono molto basse. In pratica: chi maltratta o uccide un animale - e stai parlando solo di quelli 'fortunati', considerati animali DA affezione (sic) - rischia di farla franca più spesso che no.

Il quadro generale, non è molto incoraggiante. Anche secondo l'educatore che negli anni ha disegnato un concetto di canile futuro, non è positivo che "il canile sia il luogo per scontare una pena"
Che  genere di canile è quello dove dovranno prestare servizio? "Non so in quale canile andranno a scontare la pena. Non sono a conoscenza del nome della struttura. Conoscendo le molte realtà di canili lager del Sud Italia, mi chiedo cosa possano imparare quei quattro sociopatici da un'esperienza del genere?" Una breve notazione, comunque sulle modalità pratiche: "Poi sono convinto che in ogni caso dovrebbero essere divisi e scontare il servizio socialmente utile in luoghi diversi da soli e non in gruppo".


link vari, per riannodare le fila su

ANGELO

la notizia della sentenza su all4animals

il parere di una psicologa specializzata, su all4animals

la notizia della sentenza su quiCosenza

la notizia della sentenza su VelvetPets

il commento di Ermanno Giudici, su Il Patto Tradito


VIDEO Paola, sentenza del processo, su Marsilinotizie


una notizia sugli studi per l'identikit di chi maltratta gli animali, su Gazzetta di Parma


VIDEO - DA VEDERE: In onore di Angelo (il suo calvario), su youreporter

notizia della sentenza, su ilmiocaneèleggenda

la difesa degli imputati, su Marsilinotizie














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